Piccon Dagghe Cianin
Il tema della nostalgia è uno dei più forti nella tradizione della canzone popolare genovese. In particolare la nostalgia è per i luoghi perduti del passato, una perdita che può essere legata all’emigrazione e alla lontananza (“Ma se ghe penso”) o, più frequentemente, alla sparizione dei posti cari dell’infanzia e alle memorie che ad essi sono legate.
“Piccon dagghe cianin” (Piccone colpisci piano) è una delle canzoni genovesi più amate ed è una preghiera, un’esortazione, al piccone a lavorare con dolcezza mentre procede nella demolizione dell’antico quartiere di Portoria, che ha visto nascere l’autore.
Dal momento della sua nascita, la fotografia è stata in grado produrre documenti importanti circa le profonde trasformazioni che hanno interessato Genova e il suo centro. Attraverso le vecchie stampe e le cartoline, in bianco e nero o con quegli assurdi colori pastello che sono la cifra riconoscibile dei ricordi di tutti noi nati nati nel novecento, ho imparato ad amare luoghi che, ad una prima visione, facevo fatica a collocare su una cartina moderna.
Madre di Dio, Piccapietra, Portoria, Ponticello sono alcuni dei toponimi che resistono ancora oggi, nonostante le demolizioni, ma solo come simulacri di una realtà che non c’è più, svuotati di ogni significato originale. Gli edificati tradizionali hanno lasciato spazio a nuove costruzioni, nuove funzioni e nuovi modi di fruirne. Alcuni risultati sono talmente inseriti nel contesto cittadino che si faticherebbe ad immaginarne l’assenza. Altri, al contrario, hanno inferto sanguinose ferite che neppure i decenni hanno aiutato a rimarginare.
Non potendo fotografare luoghi che non esistono più, ho deciso di documentare quelli che li hanno sostituiti e di proporre una mia versione delle cartoline che ho amato fin da ragazzo, con la speranza che possano contribuire alla creazione di nuovi ricordi e nuove nostalgie.